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Dubbi sulla teoria amiloide nella malattia di Alzheimer


Gli studi clinici riguardanti un farmaco disegnato per ridurre l'accumulo di beta-amiloide nelle placche nella malattia di Alzheimer sono stati interrotti a causa della mancanza di efficacia.
Questo è un altro colpo contro la teoria amiloide della malattia.

Due ampi studi controllati con placebo non hanno mostrato alcun beneficio di Semagacestat, un inibitore della gamma-secretasi, un enzima che produce proteina beta-amiloide.

Il farmaco non ha rallentato la progressione della malattia, ed è stato associato a un peggioramento delle misure cliniche di attività cognitiva e a impossibilità di svolgere attività della vita quotidiana.

Hanno preso parte alla sperimentazione oltre 2.600 partecipanti con malattia di Alzheimer da lieve a moderata. I pazienti trattati con Semagacestat hanno mostrato un maggiore declino in queste misure rispetto a quelli nel gruppo placebo.

I due studi hanno avuto inizio nel 2008, ed avrebbero dovuto terminare uno a giugno 2011 e l'altro a marzo 2012.

Semagacestat è l'ultimo agente anti-amiloide a fallire, mettendo in dubbio la validità di questo approccio nel trattamento della malattia di Alzheimer.

Risultati clinici negativi sono stati trovati anche per Tarenflurbil, Latrepirdina ( Dimebon ), e Bapineuzumab, che hanno come target la produzione di proteina beta-amiloide o la formazione di placche di proteina beta-amiloide.

Tuttavia, lo sviluppo di Bapineuzumab sta continuando; i dati ottenuti alla tomografia a emissione di positroni ( PET ) indicano che l’anticorpo monoclonale induce la rottura delle placche amiloidi nei pazienti con malattia di Alzheimer. ( Xagena Medicina )

Fonte: Eli Lilly, 2010

Link: AlzheimerOnline.net

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